sabato 3 novembre 2012

LO SCRITTORE E IL SUO DOPPIO: UN GIALLO PSICOLOGICO



In “Essere Ricardo Montero” Gianfranco Pecchinenda racconta di un omicidio ai tempi di Facebook

LO SCRITTORE E IL SUO DOPPIO: UN GIALLO PSICOLOGICO

 

Nella sua ultima prova narrativa il Preside della Facoltà di Sociologia affronta un tema caro alla letteratura contaminandolo con gli argomenti dei suoi studi e con le nuove tecnologie


articolo di Bianca de Fazio su LA REPUBBLICA- Napoli 03/11/2012

Gioca sull’identità e sulla doppiezza dell’io l’ultima prova narrativa di Gianfranco Pecchinenda, docente di sociologia della conoscenza alla Federico II e preside della facoltà di Sociologia.
Un tema caro alla letteratura, specie a quella del secolo scorso.
Un tema che Pecchinenda contamina con gli argomenti dei suoi studi, con le nuove tecnologie della comunicazione, in particolare.
E l’identità del soggetto diventa l’abusato profilo su Facebook.
Più di uno, perché le identità possibili online sono quante si ha la pazienza di costruirsene, o quanto qualcun altro ne costruisce per conto del soggetto.
Profili talmente credibili, talmente “vivi” nonostante si tratti di una vita immaginaria, da considerare omicidio la soppressione di uno di essi, la cancellazione di un profilo.
Un omicidio attorno al quale investigare, nel libro di Pecchinenda, che è infatti anche un giallo. Un giallo psicologico. Il colpevole? Appena scontato che si tratti dell’autore stesso. Il breve (94pagine) romanzo di Pecchinenda si intitola “Essere Ricardo Montero” e Montero protagonista della prima parte, racconta la sua scelta di essere scrittore: più difficile da scegliere che da essere. Perché si tratta di una decisione, quella d’essere scrittore, « radicale e assoluta ». Essere scrittore, scrive Pecchinenda, «significa obbligarsi a stare soli, seduti e in silenzio ... nel momento in cui uno si è convinto di essere uno scrittore ha più della metà del cammino già fatta» .
Questo Pecchinenda dice nella finzione letteraria, mentre nella realtà spiega che «la decisione di mettermi alla prova come scrittore scaturisce dalla convergenza di due diversi percorsi. Il primo è legato al mio mestiere di ricercatore e docente di Sociologia. A lungo andare i miei tentativi di spiegazione dei comportamenti umani si sono quasi naturalmente incontrati con le geniali intuizioni derivanti dalla letteratura e dalle grandi narrazioni artistiche. Il secondo percorso è legato invece a motivazioni di carattere più personale: la scomparsa di mio padre mi ha a un certo punto dato una sorta di scossa portandomi a decidere di provare a oggettivare le mie riflessioni ( e se vogliamo anche il mio sentire più intimo) nella scrittura. A partire da allora ho cominciato a sentirmi uno scrittore, e a vivere, pensare e agire quanto tale».
Così il doppio è anche quello che si sceglie, non solo il profilo “letto” dagli altri, e, nel caso di Pecchinenda, la finzione letteraria diventa realtà quando ribadisce: «Chi vuole fare lo scrittore, essere uno scrittore, deve innanzitutto inventarsi “un altro”, un individuo che si assumerà il dovere di scrivere le sue opere» e pazienza se di quell’altro si finirà «prima o poi per diventare schiavi». Difficile distinguere, letto il libro, le parole del Pecchinenda autore da quelle del suo Ricardo Montero.



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